La crisi economica, il conseguente aumento dei bisogni e gli ingenti tagli operati dal Governo con la recente Manovra finanziaria correttiva, rischiano di avere conseguenze gravissime per il welfare dei territori. Nel distretto di Casalecchio di Reno (BO) i tagli previsti già per il 2011 rischiano di ridurre drasticamente gli interventi educativi sui minori disabili e in situazioni di disagio. Ma questa situazione è davvero inevitabile? Quali azioni si possono mettere in campo per arginarla? Ne abbiamo parlato con Leonardo Callegari, Presidente della cooperativa sociale CSAPSA, che, assieme ad altre cooperative sociali impegnate sul territorio (Gecoop, Libertas, Cadiai), ha promosso diverse mobilitazioni e presentato ai Comuni e all’ASCInsieme un documento di proposte per evitare che i tagli si ripercuotano soprattutto sui soggetti più deboli.
A quanto ammontano i tagli per il Distretto di Casalecchio? Chi colpiranno?
I tagli ammontano a circa 1.786.000 euro, di cui 1.213.000 riguardano la disponibilità nel bilancio ACS, mentre il rimanete le risorse conferite dai comuni. Tagli di questa entità, non solo metteranno a rischio 15-20 posti di lavoro, ma ridurranno drasticamente gli interventi educativi sui minori disabili all’interno delle scuole e di prevenzione per i minori in situazioni di disagio sociale.
Questo significa privare un territorio come quello di Casalecchio e dei comuni limitrofi di opportunità aggregative ed educative positive, incrementando il rischio di atti vandalici e di microcriminalità. Vuol dire, inoltre, espellere dal mondo del lavoro un numero significativo di operatori sociali da anni impegnati con redditi di sussistenza nella relazione di aiuto di queste persone.
Sono queste quindi le ragioni della vostra vasta campagna di mobilitazione?
Esattamente. Il nostro obiettivo non è semplicemente difendere il posto di lavoro dei cooperatori sociali impegnati in questo territorio, ma tutelare un welfare che è patrimonio sociale e pedagogico di tutta la cittadinanza. Quando si agisce su tagli di welfare che riguardano i soggetti più svantaggiati è necessario ricordarsi che siamo in un paese in cui non esiste nessuna forma di sostegno organico al reddito, nessun reddito di sussistenza. La mancanza di condizioni di “minimo vitale” rischia di far cadere le fasce svantaggiate in una situazione di povertà totale.
Le categorie più svantaggiate, inoltre, sono quelle meno rappresentate. Se si tagliano i servizi a bassa soglia chi è che si mobilità per i senza fissa dimora, per i poveri, per i minori con disagio? Chi può avere un interesse elettorale a sostenere queste categorie?
E’ anche per loro, e non solo per il proprio posto di lavoro, che i tanti cooperatori sociali impegnati sul territorio hanno scelto di mobilitarsi.
Di chi sono le responsabilità di questa situazione?
Ci sono ovviamente enormi responsabilità da parte del Governo, però per ridurre il danno sarebbero state indispensabili diverse modalità anche da parte dei Comuni del Distretto e dell’ASC.
Quello che ci colpisce è proprio la modalità con cui sono stati fatti i tagli nel Distretto: non concertata con le diverse parti, direttiva e perentoria. E’ mancata, insomma, una valutazione condivisa su “che cosa” tagliare e su come fare fronte a questa situazione.
Cosa proponete per tutelare questo sistema di welfare e per arginare questa situazione?
Certamente andrebbero verificate con attenzione le priorità di spesa delle sempre più scarse finanze pubbliche e ogni altra possibile economia sui costi della politica e degli apparati istituzionali. Inoltre, in un documento condiviso con le altre cooperative sociali del territorio, abbiamo proposto alle amministrazioni dei Comuni del Distretto e all’ASC di istituire un Fondo Inclusione Distrettuale aprendo una pubblica sottoscrizione per raccogliere donazioni da destinare a quei servizi e interventi di welfare in nessun modo convertibili a mercato o con contribuzione dei fruitori.
Parliamo ad esempio dei servizi di integrazione scolastica, di prevenzione secondaria a derive delinquenziali, di orientamento e inserimento lavorativo, che riguardano singoli e famiglie spesso in condizioni di povertà, che fanno affidamento su piccoli sussidi e indennità di frequenza a stage e tirocini per sopravvivere e che non potranno mai pagarsi nemmeno in parte tali interventi.
Chi potrebbe contribuire a implementare questo Fondo? Da chi dovrebbe essere gestito?
Tramite il Fondo si potrebbero raccogliere contributi economici provenienti da diverse categorie di conferitori: le amministrazioni comunali e le istituzioni pubbliche (attraverso recuperi di risorse, risparmi di spesa previsti a bilancio,…), le banche, le imprese, gli esercizi commerciali, gli attori del non profit e le istituzioni ecclesiastiche (che potrebbero collaborare con sottoscrizioni o iniziative di raccolta fondi) e tutti i cittadini e le famiglie residenti nei comuni del Distretto che, specie se benestanti, possono scegliere di destinare una minima parte del proprio reddito a chi sta peggio nella comunità di appartenenza.
La gestione del Fondo, in ogni caso, dovrebbe essere a nostro avviso pubblica, direttamente in capo ai Comuni, al Piano di Zona o all’ASCInsieme o ad altra soluzione organizzativa che non vada a creare ulteriori strutture burocratiche e centri di spesa. In una prima fase potrebbe essere una Onlus di fiducia delle amministrazioni a farsi carico dell’istituzione del Fondo; in una fase successiva si potrebbe costituire una Fondazione di Comunità deputata dal Distretto alla gestione del Fondo, con compiti sia di raccolta di donazioni e contributi economici di varia natura, che di erogazione dei finanziamenti per servizi di welfare integrativi a quelli interamente coperti dal pubblico.
Avete già avuto dei riscontri da ASC e amministrazioni comunali?
Per il momento abbiamo già potuto constatare la sensibilità di alcuni amministratori. In particolare a Castello di Serravalle l’Assessore alle politiche sociali si è detta disponibile ad aprire un fondo di sottoscrizione per direzionare risorse su minori in situazioni di svantaggio, in particolare per l’orientamento e l’inclusione lavorativa.
Dalle altre amministrazioni per il momento non abbiamo avuto risposta. In ogni caso l’avvio di questo percorso a Castello di Serravalle potrebbe rappresentare un’occasione per cercare di allargare la sperimentazione al resto distretto.
Quello che in sostanza ci auguriamo è che ci sia la disponibilità da parte delle amministrazioni di aprire un confronto per capire quali sono le priorità.
Da parte nostra c’è la massima volontà di collaborare in una logica di welfare community, un welfare che garantisca i diritti di tutti, in particolare dei più deboli. In attesa, però, che questa condivisione si ripristini è necessario recuperare fondi e risorse.
Per informazioni
Cooperativa CSAPSA, tel. 051/23.04.49
www.csapsa.it